Monografia oggetto di pubblicazione su SalvisJuribus

SOMMARIO: 1) PREMESSA – LA NOZIONE DI COMSUMATORE NEL CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA – 2) AMMISSIBILITA’ DEL PIANO DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI DEL CONSUMATORE DA PARTE DELL’IMPRENDITORE O DEL PROFESSIONISTA CESSATO – DISAMINA GIURISPRUDENZIALE – L’ORIENTAMENTO ESTENSIVO – 3) INAMMISSIBILITA’ DEL PIANO DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI DEL CONSUMATORE DA PARTE DELL’IMPRENDITORE O DEL PROFESSIONISTA CESSATO – DISAMINA GIURISPRUDENZIALE – L’ORIENTAMENTO RESTRITTIVO –  4) CONCLUSIONI

1) PREMESSA – LA NOZIONE DI COMSUMATORE NEL CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA –

La nozione di soggetto consumatore, così come definito nell’ambito della L. 27/01/2012 n.3 (art.6, co.2, lett. b) è, oggi, sintetizzata nell’art. 2, co. 1, lett. e, del CCII (D.LGS n. 14/2019 e succ. modifiche), ove è dato leggere che tale è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del c.c., per i debiti estranei a quelli sociali; normativa tesa a rimediare alla situazione di eccessivo indebitamento di soggetti non fallibili[1], recuperandoli all’interno del sistema economico e sociale.

Naturalmente non prenderemo in esame la genesi della situazione debitoria, limitandoci a dire che è da individuare in molteplici fattori, quali, senza presunzione di completezza, l’indebolimento del settore welfare, il crescente utilizzo, da parte delle famiglie, del consumo finanziato a credito, le “crisi” che hanno colpito il Nostro Paese nel mese di Febbraio 2020: quella sanitaria, legata alla pandemia da Sars-CoV-2, quella economica derivata dalla prima, quella finanziaria[2].

2) AMMISSIBILITA DEL PIANO DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI DEL CONSUMATORE DA PARTE DELL’IMPRENDITORE O DEL PROFESSIONISTA CESSATO – DISAMINA GIURISPRUDENZIALE – L’ORIENTAMENTO ESTENSIVO –   

Al fine di potere dare una risposta alla problematica de quo è opportuno operare raffronto tra la nozione di consumatore, operante nell’abito della L. 3/2012, e quella contenuta nel CCII.

Giusto il disposto dell’art. 6, co. 2, lett. b, L. 3/2012, così come modificato dal D.L. 18/10/2012 n.179, convertito in L. 17/12/2012, n. 221, risulta essere consumatore il debitore, persona fisica, che abbia assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale, eventualmente svolta.

Coordinando la detta normativa, con il disposto dell’art. 390 D.LGS 12/01/2019, n.14, per le procedure aperte prima del 15 Luglio 2022, ancora pendenti, continueranno a trovare applicazione le norme della L. 3/2012[3].

Ciò comporta che, sino alla data di entrata in vigore del D.Lgs n. 14/2019, ossia sino al 15 Luglio 2022, come già accennato, il soggetto debitore, persona fisica, con debiti aventi origine, anche solo indiretta, o collegata, ad attività di impresa, ovvero professionale, aveva la possibilità di accedere ad una proposta di accordo di composizione della crisi, giusto il disposto dell’art. 10 L. 3/2012, sottoponendola al voto del ceto creditorio[4].  

Lo scenario muta nel CCII.        

In particolare, nella formulazione dell’art. 2 sub lett. e) CCII, non figura più l’avverbio “esclusivamente”.

La giurisprudenza[5] non è rimasta insensibile al detto mutamento, ritenendo, che, scomparso l’indicato avverbio, è consentito considerare consumatore anche il soggetto, imprenditore o professionista, non più tale, che intenda regolare, attraverso il piano di ristrutturazione, anche le passività derivanti dalla pregressa e cessata attività imprenditoriale o professionale; l’interessato, pertanto, potrà, con il detto piano, regolare sia i c.d. debiti consumeristici, sia i debiti derivanti da cessata attività imprenditoriale o professionale[6].

La circostanza che l’agente non abbia più rapporti societari, economici, patrimoniali con la compagine societaria, determina che i debiti, necessariamente, non possono non assumere una veste personale[7], gravando sul proprio bilancio famigliare, in assenza, come già detto, di flussi, in entrata, di origine societaria[8].

L’indirizzo è stato, ultimamente, ribadito anche dal Tribunale di Reggio Emilia[9] per il quale la qualifica di consumatore, così come recepita dal CCII che, all’art. 2, comma 1, lett. e), si riferisce non più solo al soggetto assuntore di obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, ex art.6 legge 27 gennaio 2012 n.3, bensì anche a chi agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta e, quindi, alla persona fisica che, nel presente, agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, pur avendola svolta nel passato.

L’assunto, secondo l’indicato Tribunale, trova riscontro, oltre che nel dato letterale del CCII, anche nella relazione illustrativa di quest’ultimo, in quanto non può ritenersi consumatore la persona fisica che non abbia cessato di svolgere un’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale in precedenza esercitata, per cui può ritenersi, al contrario, soggetto consumatore colui che non agisca più quale imprenditore.

3) INAMMISSIBILITA’ DEL PIANO DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI DEL CONSUMATORE DA PARTE DELL’IMPRENDITORE O DEL PROFESSIONISTA CESSATO – DISAMINA GIURISPRUDENZIALE – L’ORIENTAMENTO RESTRITTIVO –    

Corre il dovere di segnalare la sussistenza di un diverso indirizzo giurisprudenziale, più restrittivo, da ultimo espresso dal Tribunale di Ivrea[10].

In particolare, secondo l’indicato giudice, poiché il diverso orientamento poggia sul dato letterale dell’art. 2 lett. e) CCII, che definisce, come abbiamo già visto, consumatore colui che agisce nel presente in tale qualità, ritiene che il detto aspetto abbia una valenza definitoria e descrittiva, senza che possa predicarsi che, dalla dimensione temporale della definizione (che si esprime al presente: è consumatore colui che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale) possa derivare un superamento del contenuto sostanziale della stessa che richiede, circa i debiti, la estraneità degli stessi all’attività di impresa; del resto, il debito è, per sua natura, un fatto pregresso, trattandosi di inadempimento ad una obbligazione pecuniaria, mentre la ristrutturazione del debito è un percorso che il debitore successivamente intraprende con il fine di fuoriuscire dalla situazione di sovraindebitamento (c.d. fresh start).

Ne consegue che, quando viene intrapresa la strada della ristrutturazione concorsuale del debito, non è mai predicabile la valutazione al presente dei debiti, poiché essi, necessariamente e fisiologicamente, afferiscono al passato.

Pertanto, la espressione contenuta nell’art. 2 lett. e) CCII ha natura meramente definitoria, richiedendo che il debitore, per essere abilitato a percorrere uno degli istituti riservati al consumatore, quale il piano di ristrutturazione ex art. 67 CCII, deve documentare debiti, tutti, di natura consumeristica, essendogli, al contrario, preclusa tale via, tenuto conto della specialità dell’istituto, che prevede un percorso, anche procedurale, notevolmente agevolato allorché i debiti abbiano natura diversa.

Indiretta conferma di quanto sopra si rinviene, nello stesso codice della crisi, nell’art. 66 CCII, relativo alle procedure familiari, che prevede che, in ipotesi di insussistenza della qualifica di consumatore in capo ad uno dei debitori che compongono il nucleo familiare, al progetto unitario di ristrutturazione trovano applicazione le disposizioni del concordato minore (art. 74 e ss. CCII).

Irragionevole, dunque, sarebbe consentire al debitore, che vanti debiti extra-consumeristici, la via della ristrutturazione ex art. 67 ccii, solo perché intrapresa in modo solitario, quando la stessa via sarebbe preclusa, ove l’esposizione debitoria riguardasse un intero nucleo familiare.

4) CONCLUSIONI

Dall’esame degli opposti indirizzi pare che quello estensivo sia maggiormente in sintonia con i principi comunitari nonché con l’indirizzo espresso dalla Suprema Corte.

In particolare, in ambito sovranazionale, si registra un generale ampliamento della definizione di soggetto consumatore, quale persona fisica che abbia assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale ovvero professionale.

La Corte di Giustizia[11] si è espressa ritenendo l’applicabilità, alla garanzia fideiussoria, di norme attinenti a clausole abusive afferenti contratti con i consumatori; il Giudice Sovranazionale ha statuito che è irrilevante, nel merito, l’oggetto del negozio giuridico ai fini dell’applicabilità della tutela del consumatore al garante, negando che la nozione di consumatore, ovvero di professionista, potesse derivare solo prendendo in considerazione il rapporto di accessorietà con il contratto oggetto di garanzia.

Restando al diritto interno, la Suprema Corte[12] ha posto l’attenzione sulla omogeneità del comparto debitorio, considerando, quale consumatore sovraindebitato, non solo il soggetto che non sia, ovvero non sia mai stato imprenditore o professionista, ma anche la persona che sia stata tale ma non lo sia tutt’ora, ovvero anche il soggetto che abbia tale qualifica ma non annoveri, tra i debiti, quelli un tempo contratti in funzione delle dette qualità professionali.

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Avv. Giovanni Del Pretaro


[1] In tema si veda: Mauro Di Marzio, Il Sovraindebitamento: legge vigente e legge di riforma, ilprocessocivile.it, 22/06/2020, Stanislao De Matteis, Nicola Graziano, Casi e questioni di sovraindebitamento, Maggioli Ed., 2017.  

[2] Il riferimento ai tre periodi di crisi è tratto da: Carlo Cottarelli, All’inferno e ritorno, Feltrinelli, 2021; si veda in tema anche: Massimo Fabiani, Crescita economica, crisi e sovraindebitamento, Corriere giur., n.4, 01/04/2012; dello stesso Autore: La gestione del sovraindebitamento del debitore <<non fallibile>> (d.l. 212/2011), il caso.it, doc. n. 278/2012.    

[3] Gianfranco Benvenuto, La nozione di consumatore al test delle procedure di composizione della crisi, ilfallimentarista.it, 20/12/2022.

[4] Gianfranco Benvenuto, op.cit.

[5] Trib. Spoleto, 23/12/2022; nel senso della ammissibilità anche: Trib. Caltanissetta, 01/06/2022, Trib. Napoli, 26/03/2021.

[6] Marco Spadaro, Orientamenti giurisprudenziali di merito – Ristrutturazione dei debiti derivanti da attività imprenditoriale cessata, Il Fallimento, n. 3, 01/03/2023.

[7] Trib. Spoleto, cit.

[8] Trib. Spoleto, cit.

[9] Trib. Regg Emilia, 02/02/2023.

[10] Trib. Ivrea, 02/04/2023; in tale solco si pongono anche: Trib. Bologna, 21/02/2023, Trib. Ancona, 11/01/2023.

[11] Corte di Giustizia, Sez. 10°, 14/09/2016, Causa C-534-15.

[12] Cass. Civ., Sez. I, 01/02/2016 n. 1869.

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