SOMMARIO: 1) INQUADRAMENTO SISTEMATICO DELLA TUTELA CAUTELARE 2) LA TUTELA CAUTELARE STRUMENTALE AL GIUDIZIO DI MERITO – IL PERICULUM IN MORA INTESO IN SENSO PROCESSUALE 3) LA STRUMENTALITA’ ATTENUATA DELLA TUTELA CAUTELARE E LA SUA AUTONOMIA FUNZIONALE – ESAME DELLA DOTTRINA E DELLA GIURISPRUDENZA – 4) IL FONDAMENTO COSTITUZIONALE DELLA TUTELA CAUTELARE – IL PRINCIPIO DI ECONOMIA PROCESSUALE –

1)INQUADRAMENTO SISTEMATICO DELLA TUTELA CAUTELARE           

La normativa ordinaria di riferimento, nell’ambito della tutela in esame, è appresentata dall’art. 700 c.p.c. il quale sancisce che, fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d’urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito.

Trattasi di tutela atipica e residuale, ossia esperibile in ipotesi di mancata previsione, da parte dell’ordinamento giuridico, di un rimedio specifico[1], caratterizzata dall’elemento del c.d. fumus boni iuris e dal periculum in mora, quest’ultimo quale risultante della imminenza ed irreparabilità del pregiudizio[2].   

Tuttavia, come ogni forma di tutela giurisdizionale, anche quella in esame, è tesa a rendere giustizia e, tale valore, non può essere concepito in modo astratto, bensì in maniera concreta[3].

In particolare, soprattutto a partire dagli anni “60”, il vecchio ideale, formale, di uguaglianza, cede il passo, allo stesso, inteso in senso sostanziale, e ciò in aderenza al dettato della Carta Costituzionale, di cui all’art. 3 co. 2 Cost, con riflessi anche in ambito processuale civilistico[4].

Ciò determina il passaggio da una concezione del diritto, e della giustizia, concepiti, fino al allora, staticamente, quale mantenimento dell’ordine sociale[5], verso una visuale dinamica[6].

L’orizzonte, fortemente condizionato dai principi Costituzionali, in particolare dal principio, come già accennato, di uguaglianza sostanziale, unitamente a quello di effettività, di cui all’art. 24 co. 1 Cost., ha spinto verso l’attuazione di forme di tutela giurisdizionali differenziate, in sintonia con le diverse situazioni soggettive da tutelare[7].

Tale movimento ha generato, tra gli studiosi del processo civile, l’idea che non possa esistere un processo unico, idoneo a garantire protezione di ogni posizione giuridica individuale; è necessario, invece, che l’ordinamento preveda, in rapporto a dette posizioni, articolate forme di tutela giurisdizionale[8].         

La finalità della tutela differenziata è proprio quella dell’attuazione del principio di effettività della stessa, e ciò per evitare che determinati interessi siano pregiudicati dai tempi fisiologici dell’ordinario processo di cognizione[9].

L’anno 1980 rappresenta il limite temporale dal quale incomincia a consolidarsi l’idea della tutela cautelare, quale forma differenziata, parte integrante del sistema giurisdizionale.

In particolare, mi riferisco a quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale[10] secondo la quale il sospetto d’incostituzionalità, dell’art. 21 ultimo co. L. 1034/1971, è fondato perché esige rispetto il principio in base al quale la durata del processo non deve andare a danno dell’attore, che ha ragione, di cui la dottrina, non solo italiana, ha dimostrato la validità, desumendola e, al contempo, confortandola con richiami a disposizioni normative, provocando l’inserzione, nel codice di rito civile del 1942, dell’art. 700 c.p.c., che rappresenta espressione di direttiva di razionalità, tutelata dall’art. 3 Cost. e, nella materia oggetto di esame da parte della Corte, dall’art. 113 Cost.

Alla citata pronuncia ne sono seguite altre[11], le quali hanno riconosciuto la rilevanza costituzionale della tutela in esame, non solo sulla base dell’art. 3 Cost., ma anche dell’art. 24 Cost. e, quindi, quale parte integrante della tutela giurisdizionale[12] .

Tale orientamento è stato, sul piano normativo, scandito da progetti legislativi tesi a disciplinare, in modo più razionale, e garantista, i provvedimenti cautelari[13], sino a giungere alla emanazione della Legge 353/1990, entrata in vigore il 1 Gennaio 1993, che ha previsto una disciplina processuale uniforme degli stessi.

2) LA TUTELA CAUTELARE STRUMENTALE AL GIUDIZIO DI MERITO – IL PERICULUM IN MORA INTESO IN SENSO PROCESSUALE –     

Come già accennato, componente essenziale della tutela de quo, è rappresentato dal periculum in mora il quale, secondo quanto riteneva il Prof. Piero Calamandrei, rappresenta la chiave di lettura dei provvedimenti cautelari[14].

Anche se trattasi di visuale giuridica operante nel vigore del codice del 1865, è da dire che molti approdi, a cui sono giunti autorevoli studiosi del citato periodo, hanno mantenuto la loro validità sotto il successivo codice[15].

In particolare, il periculum, di cui si discorre, si distingue dal c.d. danno giuridico, che trova ristoro nella forma della tutela giurisdizionale ordinaria[16], dovendo, come già accennato, rivestire il carattere della imminenza, quale aspetto implicante che, in ipotesi di ritardo nell’emanazione del provvedimento cautelare richiesto, è prevedibile che il danno temuto si trasformi in danno effettivo[17].

Quanto detto evidenzia anche un altro aspetto, rappresentato dalla strumentalità del cautelare rispetto al merito; in altre parole, il provvedimento cautelare non è fine a sé stesso, essendo preordinato ad assicurare la fruttuosità pratica del provvedimento definitivo, è al serviziodello stesso[18].

3) LA STRUMENTALITA’ ATTENUATA DELLA TUTELA CAUTELARE E LA SUA AUTONOMIA FUNZIONALE – ESAME DELLA DOTTRINA E DELLA GIURISPRUDENZA –                     

Il detto periculum, tuttavia, è ancora al centro di dibattiti, in quanto, soprattutto in questi ultimi anni, sia i mutamenti socio – economici, sia la qualità e quantità del contenzioso[19], hanno messo in risalto la sua inadeguatezza ad essere ristretto in ambito processuale.

Incomincia, quindi, a prendere corpo l’idea che la tutela cautelare, prima intesa in senso strumentale, doveva essere concepita diversamente, in maniera funzionale, ossia in relazione alla posizione soggettiva sostanziale dell’individuo richiedente tutela[20].

Ciò determina il mutamento di visuale del periculum in mora incentrato non più sull’aspetto processuale[21], bensì sulla concreta potenzialità lesiva in relazione al diritto sostanziale del soggetto agente[22].

Il periculum, quindi, si manifesta quale insieme di riflessi negativi, afferenti la posizione soggettiva dell’individuo.

Le considerazioni esposte consento di cogliere un aspetto importante dei provvedimenti cautelari in esame, ossia quello di poter rendere al singolo una tutela giurisdizionale effettiva, attraverso una misura che è in grado di assicurare gli effetti della decisione finale, senza la necessità, salvo diversa volontà della stessa parte, di attivare un processo a cognizione piena[23].    

La strumentalità della tutela de quo, prima concepita sotto l’aspetto strutturale, si attenua e la stessa assume connotati teleologicamente e funzionalmente autonomi, rispetto al giudizio principale, dando la possibilità, al cittadino, di usufruire non solo, come già accennato, di una tutela effettiva, ma anche, allo stesso tempo, alternativa, rispetto alla ordinaria[24].   

La strumentalità si attenua, ma non scompare, affiorando, per citare alcuni aspetti, nella possibilità di revoca o modifica del provvedimento cautelare da parte del giudice del merito, ex art. 669 decies c.p.c., nella individuazione della competenza del giudice del procedimento cautelare, da individuarsi sulla base della competenza del giudice del merito, nella necessità della indicazione della domanda del giudizio ordinario.

La spinta autonomista ha trovato terreno fertile non solo in posizioni dottrinarie, ma anche a livello giurisprudenziale; in particolare, il Tribunale di Reggio Calabria[25] ha ritenuto che non deve essere fissato un termine per l’inizio del giudizio di merito, trattandosi di domanda proposta ai sensi dell’art. 700 c.p.c., essendo ciò sufficiente per escludere l’applicazione dell’art. 669 co. 1 octies c.p.c., vale a dire indipendentemente dalla verifica circa l’idoneità del provvedimento ad anticipare gli effetti della sentenza di merito.

A tale lettura della norma in esame, nonché del co. 6 dello stesso articolo, induce un’esigenza di certezza, particolarmente rilevante in sede di interpretazione di qualsivoglia norma processuale, ma che si appalesa ancor più significativa in relazione alle specifiche norme in questione, in quanto è strettamente correlata alla finalità che la norma intende perseguire, ossia quella di disincentivare il ricorso all’azione di merito.

E’, infatti, evidente che un qualsiasi dubbio, circa il dovere ricomprendere o meno il provvedimento cautelare, tra quelli idonei ad anticipare gli effetti della sentenza del merito, spingerebbe il ricorrente, vittorioso in sede cautelare, a proporre l’azione di merito, al fine di evitare il rischio di vedersi applicato il primo comma dell’art. 669 nonies c.p.c., con conseguente perdita di efficacia del provvedimento cautelare.

Una diversa interpretazione rischierebbe, quindi, di compromettere, significativamente, la portata deflativa delle novità introdotte dalla Legge n. 80/2005.

Il tenore testuale della norma, di cui all’art. 669 co. 6 octies c.p.c., conferma questa interpretazione, in quanto l’idoneità ad anticipare gli effetti della sentenza di merito o è da intendere riferita esclusivamente agli altri provvedimenti cautelari, dove per altri s’intende, chiaramente, i provvedimenti diversi da quelli emessi ai sensi dell’art. 700 c.p.c., oppure, il che sul piano operativo conduce al medesimo esito, siffatta idoneità anticipatoria è riconosciuta, ex lege, ai provvedimenti, ex art. 700 c.p.c., sì da precludere, all’interprete, una verifica, caso per caso.

In sintonia con quanto appena esposto si pone il Tribunale di Ivrea[26] il quale è dell’avviso che, in caso di domanda proposta ai sensi dell’art. 700 c.p.c., dopo l’entrata in vigore della novella apportata dalla legge n. 80/2005, deve tenersi conto del tenore letterale dell’art. 669 co. 6 octies c.p.c., che prevede come le disposizioni relative alla prosecuzione nel merito del procedimento cautelare, definito con ordinanza, non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’art. 700 c.p.c., e agli altri provvedimenti cautelari, idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile e da leggi speciali, nonché ai provvedimenti emessi a seguito di denuncia di nuova opera o di danno temuto, ex art. 688 c.p.c., ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito.

In base alla riforma, quindi, è stato attenuato il cosiddetto vincolo di strumentalità, tra la fase della cautelare e quella del merito, che prevedeva, necessariamente, la prosecuzione nella fase di merito, a seguito dell’accoglimento della domanda cautelare, a pena di perdita di efficacia del provvedimento stesso, ex art. 669 co. 1 nonies c.p.c.

A seguito della citata riforma, invece, tale necessaria prosecuzione, viene confermata solo per alcuni provvedimenti cautelari, mentre, per la rimanente parte, si esclude il necessario passaggio alla fase di merito, che diviene solo eventuale, ed è lasciato alla libera scelta della parte, laddove la stessa intende richiedere la riforma del provvedimento cautelare.

L’attenuazione della strumentalità necessaria, e la conseguente mancata prosecuzione della causa nel merito, attiene a tutti i provvedimenti, ex art. 700 c.p.c., e a tutti i provvedimenti di denuncia di nuova opera e di danno temuto, ai sensi dell’art. 688 c.p.c.; solo invece in relazione ai rimanenti provvedimenti cautelari, id est sequestri, e procedimenti previsti da leggi speciali, occorre procedere alla distinzione tra natura anticipatoria o conservativa della decisione, e, conseguentemente, alla distinzione tra prosecuzione solo eventuale o prosecuzione necessaria nel merito.

A tale conclusione il Tribunale giunge attraverso un ragionamento su base letterale, logico – sistematica, afferente la ratio legis della norma, nonché su base pratica.

Sotto il profilo letterale, infatti, l’inciso “non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’art. 700 c.p.c., e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile e da leggi speciali, nonché ai provvedimenti emessi a seguito di denuncia di nuova opera e di danno temuto, ai sensi dell’art. 688 c.p.c., ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito”, individua tre categorie di esclusione del meccanismo di necessaria prosecuzione della causa nel merito: a) i provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’art. 700 c.p.c., b) gli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile e da leggi speciali, c) i provvedimenti emessi a seguito di nuova opera e di danno temuto, ai sensi dell’art. 688 c.p.c.

Ne deriva che, ferma restando la non necessaria prosecuzione nel merito per provvedimenti ex art. 700, nuova opera e danno temuto, è la stessa terminologia utilizzata dal Legislatore che richiede, solo negli altri casi, ossia nei sequestri e nei procedimenti cautelari previsti da leggi speciali, la verifica della natura anticipatoria, ovvero conservativa del provvedimento stesso.

Da un punto di vista logico-sistematico, di ratio legis normativa, appare del tutto evidente, a partire dai lavori preparatori, la volontà del Legislatore di collegare, alla riforma del procedimento cautelare, un intento di accelerazione dei tempi processuali, semplificando il meccanismo decisionale e riservando la fase di merito, da definire con sentenza, solo ai casi in cui almeno una delle parti sia insoddisfatta della pronuncia in sede cautelare.

Ciò impone di interpretare la norma, relativa all’attenuazione del vincolo di strumentalità necessaria, in caso di dubbio ermeneutico, nel senso di garantire alla stessa il maggior ambito operativo possibile, piuttosto che la minore operatività.

In ordine ai rilievi di ordine pratico è da evidenziare che la distinzione, tra provvedimento anticipatorio e provvedimento conservativo, può, talvolta, nel caso concreto, essere sfumata e di difficile identificazione.

L’estensione, a tutti i provvedimenti cautelari di tale valutazione, può, quindi, rappresentare una fonte di non irrilevanti problematiche.

A mero titolo esemplificativo, e tra i tanti casi possibili, si pensi che la parte beneficiata, da un provvedimento cautelare, sarebbe esposta alla declaratoria di inefficacia del provvedimento, su ricorso ex art. 669 nonies c.p.c., laddove il giudice abbia ritenuto, erroneamente, tale provvedimento anticipatorio e non conservativo, non disponendo la prosecuzione della causa nel merito, e laddove la parte stessa, ottemperando alla pronuncia del giudice, non abbia, di sua iniziativa, disatteso il provvedimento giurisdizionale operando la riassunzione nel merito, pur in assenza di un ordine in tal senso.

Pertanto, è da preferire il criterio che indica tutti i provvedimenti, ex art. 700 c.p.c., nonché di nuova opera e di danno temuto, quali rientranti nel raggio operativo per i quali vi è attenuazione della strumentalità.

4) IL FONDAMENTO COSTITUZIONALE DELLA TUTELA CAUTELARE – IL PRINCIPIO DI ECONOMIA PROCESSUALE –

Quanto esposto mostra il fondamento, in rango superiore, della tutela in esame, quale autonoma rispetto al giudizio di merito, da individuare nel principio di economia processuale[27].

In particolare[28], direttrici di sviluppo, dell’anzidetto principio, sono rappresentate da una componente endo – processuale, tesa a garantire, nell’ambito di ogni tipo di processo, la ottimizzazione delle energie individuali, afferenti l’esercizio dell’attività da parte del giudice e dei suoi ausiliari, con conseguente economia di tempo, e spese[29], nonché da altra componente, ultra – processuale, ossia esterna al giudizio, rappresentata dall’impedire l’attivazione di nuovi giudizi, per la tutela degli stessi interessi sostanziali, sfruttando, a tal fine, le energie e risorse già impiegate[30].

Tale principio, prima letto quale canone ermeneutico[31], destinato a soccombere di fronte ad altri principi, aventi rilievo costituzionale, quali il diritto d’azione, di difesa, oggi, giusto il disposto dell’art. 111 co. 2 Cost, che sancisce [omissis] la legge ne assicura la ragionevole durata [omissis], ha trovato pieno riconoscimento anche in tale ambito[32].     

Ciò determina una nuova interpretazione da dare alla norma di cui all’art. 700 c.p.c.

In particolare, la indicazione contenuta nello stesso, ossia il tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria, è da intendere non in riferimento all’aspetto cronologico, di natura processuale, del giudizio di merito, bensì evidenzia la necessità della indicazione, da parte del soggetto che accede alla richiesta cautelare, di dover enunciare, a fini valutativi del fumus da parte del giudice, nonché, per la individuazione del giudice competente, ex art. 669 ter co. 1/2 c.p.c., il diritto da tutelare[33]; diversa interpretazione è da dare anche all’inciso più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito, dovendo essere letto in relazione alla forza di mancanza di giudicato del provvedimento cautelare, ossia quale dover assicurare tutela, da parte di quest’ultimo, senza avere autorità di cosa giudicata, alle posizioni di diritto sostanziale del soggetto agente[34].  

By Giovanni Del Pretaro


[1] Claudio Cecchella, Ricorso ex art. 700 c.p.c., Diritto24, 17/09/2012; in giurisprudenza: Trib. Monza, 22/09/2004.

[2] Giorgetta Basilico, Imminenza del pregiudizio e funzione preventiva della tutela cautelare ex art. 700 c.p.c., La tutela civile preventiva, Giuffrè, 2013.

[3] Mauro Cappelletti, Appunti per una fenomenologia della giustizia nel XX secolo, Riv. trim. dir. proc. civ. 4/1978.

[4] Antonio Carratta, La <<funzione sociale>> del processo civile, fra XX e XXI secolo, Riv. trim. dir. proc. civ. 2/2017.

[5] Antonio Carratta, op. cit.

[6] Antonio Carratta, op. cit.

[7] Andrea Proto Pisani, Tutela giurisdizionale differenziata e nuovo processo del lavoro, Foto it., V, 1973; Antonio Carratta, op. cit

[8] Andrea Proto Pisani, Tutela giurisdizionale differenziata e nuovo processo del lavoro, op. cit.

[9] Antonio Carratta, op. cit.

[10] Corte Cost. 28 Giugno 1985 n. 190.

[11] Corte Cost.23 Giugno 1994 n. 253, 26 Maggio 1998 n. 193.

[12] Francesco Saverio Damiani, op. cit.

[13] Mi riferisco al disegno di legge delega per la riforma del c.p.c., inviato al Guardasigilli nel Febbraio 1981, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2/1981; nonché alla proposta avanzata, durante il XV Congresso Nazionale dell’Associazione fra gli studiosi del processo civile, dal Prof. Andrea Proto Pisani, in Francesco Saverio Damiani, op. cit.

[14] Piero Calamandrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, Cedam, 1936; per un esame della ricostruzione, in chiave storica, si veda la prima parte della monografia di Ulisse Corea, Autonomia funzionale della tutela cautelare anticipatoria, Riv. dir. proc. 4/2006.

[15] Francesco Saverio Damiani, La tutela cautelare anticipatoria, Edizioni Scientifiche Italiane, 2018.

[16] Piero Calamandrei, op. cit; Francesco Saverio Damiani, op. cit.; Giorgetta Basilico, La tutela civile preventiva, Giuffrè, 2013: l’ambito di operatività della prevenzione si pone tra la commissione del fatto contra ius e la produzione del danno che da esso può derivare.   

[17] Piero Calamandrei, op. cit; Francesco Saverio Damiani, op. cit.

[18] Piero Calamandrei, op. cit; Francesco Saverio Damiani, op. cit.

[19] Caterina Silvestri, Il sistema francese dei <<rèferès>>, Foro it., 1998, Vol. 121, n.1: i mutamenti socio-economici intervenuti dal momento dell’entrata in vigore del codice di procedura civile ad oggi, hanno, in effetti, posto l’esigenza di un intervento legislativo capace di adeguare il panorama degli strumenti processuali a disposizione delle parti ai bisogni emergenti di tutela e all’intervenuta modifica qualitativa e quantitativa del contenzioso.

[20] Antonio Carratta, I provvedimenti di urgenza nel prisma dei rimedi giurisdizionali in materia di lavoro, Mulino – Rivisteweb, 2017, f.3-4.

[21] Clarice Delle Donne, Linee evolutive della tutela (anticipatoria) d’urgenza nell’esperienza applicativa e in alcune scelte del legislatore l’irrilevanza della durata del giudizio di merito e l’emancipazione dell’eseguibilità forzata, R.E.F.3/2014; Clarice Delle Donne, Riflessioni sulla tutela “anticipatoria” d’urgenza nell’esperienza applicativa della giurisprudenza e in alcune recenti scelte del Legislatore, Judicium.it.

[22] Clarice Delle Donne, op. cit.; Antonio Carratta, Tutela sommaria come alternativa al processo ordinario ed al giudicato? Academia.edu.  

[23] Ulisse Corea, Autonomia della tutela cautelare anticipatoria, Riv. trim. dir. proc., 4/2006.

[24] Ulisse Corea, op. cit.

[25] Trib. Reggio Calabria, 06/11/2006, con nota di Rosaria Giordano, Giur. di merito, 06/2007.

[26] Trib. Ivrea, 28/06/2006, con nota di Rosaria Giordano, Giur. di merito, 06/2007.

[27] Andrea Proto Pisani, Per l’utilizzazione della tutela cautelare anche in funzione di economia processuale, Foro it. 1998, Vol. 121, n.1; Cipriani-Civinni-Proto Pisani, Una strategia per la giustizia civile nella XIV legislatura, Foro. It. 2001, Vol. 124, n.4.   

[28] Luigi Paolo Comoglio, Il principio di economia processuale, Cedam, Tomo I, 1980, Tomo II, 1982; dello stesso Autore: L’economia dei giudizi come principio <ad assetto variabile> (aggiornamenti e prospettive), Riv. dir. proc., 2/2017.

[29] Luigi Paolo Comoglio, op. cit.

[30] Luigi Paolo Comoglio, op. cit.

[31] Francesco Paolo Luiso, Principio del contraddittorio ed efficacia della sentenza verso terzi, Giuffrè, 1981.

[32] Giuseppe Olivieri, La <ragionevole durata> del processo di cognizione (qualche considerazione sull’art. 111, 2° comma, Cost.), Foro it. 2000, Vol. 123, n. 10.

[33] Clarice Delle Donne, op. cit.  

[34] Clarice Delle Donne, op. cit.

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