SOMMARIO: 1) NORMATIVA DI RIFERIMENTO – LA LEGGE N. 241/1990 – IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO QUALE ESPRESSIONE DELLA SOVRANITA’ – 2) L’INERZIA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – CENNI SULLE TIPOLOGIE DI SILENZIO – LA NOZIONE DI ATTO IMPLICITO – 3) L’ATTO AMMINISTRATIVO IMPLICITO – ESAME DELLA GIURISPRUDENZA DEL GIUDICE ORDINARIO – 4) L’ATTO AMMINISTRATIVO IMPLICITO – ESAME DELLA GIURISPRUDENZA DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO –
1)NORMATIVA DI RIFERIMENTO – LA LEGGE N. 241/1990 – IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO QUALE ESPRESSIONE DELLA SOVRANITA’ –
L’esercizio del potere da parte dell’amministrazione pubblica, sia in termini temporali che fattuali, intendendo, con quest’ultimo aspetto, le diverse forme di esternazione della volontà della stessa, è, ancora oggi, oggetto di dibattito dottrinale e giurisprudenziale[1].
La procedimentalizzazione dell’azione amministrativa, attuata attraverso la L. 241/1990, più volte modificata nel corso degli anni, ha profondamente innovato il rapporto tra amministrazione pubblica e cittadino[2]; in particolare, la predetta normativa, prevedendo il coinvolgimento dei soggetti nell’esercizio della funzione amministrativa, è espressione di democraticità della stessa [3].
I cittadini, attraverso la partecipazione al procedimento amministrativo, sono in grado di poter esercitare la sovranità [4]; il momento della rappresentatività si configura incompleto, senza una reale e concreta partecipazione all’esercizio della funzione pubblica[5].
Quanto esposto, sostanzialmente, evidenzia la insufficienza e, comunque, la crisi dell’istituto della rappresentanza politica che deve, pertanto, essere completata dall’esercizio dell’azione da parte del privato, ovvero, detto in altro modo, dall’esercizio dalla c.d. libertà attiva del cittadino[6].
Il fulcro di tale dottrina, come già accennato, risiede nella circostanza che la democrazia[7] non può trovare completa attuazione se non vengono introdotte, in ambito statale, formule tese a consentire la presenza attiva e diretta dei singoli8], ciò rappresentando il necessario completamento della tradizionale libertà garantita nei confronti dello stato [9].
Comunque, restando aderenti al tema in esame, la predetta normativa ha inciso in ordine al valore da attribuire ai limiti temporali della definizione del procedimento amministrativo, nonché circa il significato dell’inerzia della stessa amministrazione[10].
Il fattore tempo ha un ruolo centrale nel sistema amministrativo e trova il proprio fondamento sia in principi di rango costituzionale, quali l’efficienza ed il buon andamento della pubblica amministrazione[11], sia in principi in ambito sovranazionale, ex art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che riconosce al cittadino il diritto ad una buona amministrazione[12].
La premessa svolta per evidenziare gli elementi sui quali fonda il tema de quo, legato alla procedimentalizzazione dell’azione amministrativa, alla sua tempistica, nonché alle forme di manifestazione della stessa; nello specifico, con riguardo a quest’ultimo aspetto, all’ambito del silenzio amministrativo e del suo significato.
Riterrei di muovere il discorso considerando che, dall’inerzia della pubblica amministrazione, può generarsi una tipologia di silenzio senza alcun significato, c.d. silenzio non significativo, ovvero un silenzio significativo, legislativamente tipizzato, avente valenza negativa, c.d. silenzio diniego, ovvero positiva, cd. silenzio assenso[13]; in tali ipotesi il silenzio non rileva quale mero fatto, bensì quale entità avente valore di provvedimento[14].
Accanto all’inerzia predetta è possibile rinvenire anche figure di inerzia non tipizzata, dando, in tal modo, origine alla violazione della norma contenuta nell’art. 2 L. 241/1990 e, nello specifico, alla violazione del dovere di concludere il procedimento amministrativo con un provvedimento espresso, attraverso la quale, in concomitanza di altre circostanze, prende forma quella forma di silenzio c.d. inadempimento, legittimante l’attivazione degli strumenti reattivi di cui agli artt. 31, 117 c.p.a.[15].
Corre il dovere di effettuare una precisazione concettuale, ossia delimitare e differenziare la nozione di atto implicito da quello di silenzio. Quest’ultimo, come abbiamo detto, ricorre quando non sia possibile individuare il volere della pubblica amministrazione, né direttamente né indirettamente, e, quindi, interviene la norma giuridica al fine di attribuire una qualificazione, in termini positivi ovvero negativi allo stesso; ove ciò non si verifichi, l’inerzia, rileverà, ricorrendo determinate circostanze, quale violazione del dovere di provvedere e, quindi, come silenzio – inadempimento[16].
Diversa, invece, è l’ipotesi dell’atto implicito in cui non manca una manifestazione di volontà dell’amministrazione, ricavando la stessa da altro provvedimento ovvero, da un comportamento concludente; ciò implica che l’atto amministrativo è manifestato all’esterno in modo non formale[17].
3) L’ATTO AMMINISTRATIVO IMPLICITO – ESAME DELLA GIURISPRUDENZA DEL GIUDICE ORDINARIO –
La giurisprudenza di legittimità[18] è dell’avviso di negare la possibilità che possa efficacemente esercitarsi il potere amministrativo mediante un atto implicito e, quindi, in assenza dei requisiti minimi di forma prescritti dalla legge.
Costituisce ius receptum il principio secondo cui, quando non sia soltanto viziata, ma manchi del tutto la forma prevista dalla legge per il provvedimento, non è riscontrabile l’esercizio del potere autoritativo[19].
Quanto esposto sul fondamento che, nel quadro istituzionale e normativo disegnato dalla Costituzione, l’affermazione del principio di legalità dell’azione amministrativa conduce a ritenere il potere pubblico esclusivamente in termini di supremazia tipica e formale[20].
In particolare, il mero comportamento materiale, o l’emanazione di atti diversi, implica mancanza del procedimento amministrativo previsto per l’esercizio di quel potere, definito quale forma della funzione amministrativa, e, quindi, dell’indispensabile comparazione tra interesse pubblico e interesse privato, prevista dall’art. 97 Cost. mediante il precetto dell’imparzialità, che solo in ambito procedimentale può trovare la sua realizzazione.
Ciò comporta che la mancanza del procedimento amministrativo non può essere assimilata all’ipotesi della semplice disfunzione procedimentale, che rende illegittimo l’atto, bensì priva l’azione amministrativa del potere in concreto e la rende non suscettibile di produrre gli effetti propri.
4) L’ATTO AMMINISTRATIVO IMPLICITO – ESAME DELLA GIURISPRUDENZA DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO –
La recente giurisprudenza amministrativa[21] ritiene che l’ammissibilità del provvedimento implicito non possa essere negata qualora la pubblica amministrazione, pur non adottando formalmente la propria determinazione, ne determini, univocamente, i contenuti sostanziali, o attraverso un contegno conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del corrispondente provvedimento formale non adottato; in altre parole è necessario che ricorra un collegamento biunivoco tra l’atto adottato, ovvero la condotta tenuta, e la determinazione che da questi si pretende di ricavare, onde quest’ultima sia l’unica conseguenza possibile della presupposta manifestazione di volontà.
Il Supremo Giudice Amministrativo ritiene non essere di ostacolo né il contenuto dell’art. 2 della L. 241/1990 il quale, avuto riguardo alla sua complessiva ratio, preordinata a precludere la facoltà di assumere e serbare comportamenti inerti all’esito della attivazione del procedimento, intende solo imporre una definitiva determinazione, ma non ne sancisce le necessarie modalità formali, onde il termine espresso, che figura nel citato art. 2, nella semantica della disposizione, non deve ritenersi sinonimo di esplicito; parimenti non osta l’art. 21 septies che, nella parte in cui evoca la nullità per l’ipotesi di assunzione in assenza dei requisiti formali, si riferisce, esclusivamente, sotto un primo profilo, ai formalismi previsti dal paradigma normativo di riferimento e, comunque, alle ipotesi in cui la carenza manifestativa incida, radicalmente, sull’insieme delle caratteristiche esteriori necessarie alla qualificazione dell’atto, ossia alla forma essenziale, il che trova conferma non solo nel principio generale, valido anche in diritto amministrativo, della libertà delle forme, ma anche nel correlativo e generale canone, antiformalistico, positivamente scolpito all’art. 21 octies co. 2 nella sua comprensiva attitudine a dequotare, a fini di invalidazione, i requisiti di forma degli atti.
Parimenti, non ostativo appare il tenore dell’ art. 3 che, legittimando espressamente la motivazione per relationem, autorizza a prefigurare l’eventualità che, il supporto giustificativo di contegni circostanziatamente concludenti, risulti da atti amministrativi sottostanti, idonei a prefigurare una relazione di presupposizione; lo stesso è a dire dell’ art. 10 bis il quale è diffusamente interpretato, alla luce dell’art. 21 octies cit., nel senso che la violazione dell’obbligo formale partecipativo non assume attitudine invalidante, in difetto di prospettica allegazione, ad infringendum, di fatti od elementi idonei ad inficiare le conclusioni assunte con il provvedimento impugnato.
Alla luce delle esposte premesse, la problematica del provvedimento amministrativo implicito si riduce, allora, alla prefigurazione delle sue condizioni di ammissibilità; a tal fine: a) deve, pregiudizialmente, esistere, a monte, una manifestazione espressa di volontà, affidata ad un atto amministrativo formale o anche ad un comportamento a sua volta concludente, da cui possa desumersi l’atto implicito, e ciò in quanto la rilevanza relazionale dei comportamenti amministrativi deve essere apprezzata, in termini necessariamente contestualizzati, nel complessivo quadro dell’azione amministrativa, b) la manifestazione di volontà a monte deve provenire da un organo amministrativo competente e nell’esercizio delle sue attribuzioni e, per altro verso, nella stessa sfera di competenza rientri l’atto implicito a valle, non palesandosi, in difetto, lecita la valorizzazione del nesso di presupposizione, c) non deve essere normativamente imposto il rispetto di una forma solenne, dovendo operare il generale principio di libertà delle forme, ex art. 21 septies L.241/1990, d) dal comportamento deve desumersi, in modo non equivoco, la volontà provvedimentale dell’amministrazione, dovendo esistere un collegamento esclusivo, e bilaterale, tra atto implicito e atto presupponente, nel senso che l’atto implicito deve essere l’unica conseguenza possibile di quello espresso, e) devono, in ogni caso, emergere, e factis, avuto riguardo al concreto andamento dell’iter procedimentale ed alle effettiva acquisizioni istruttorie, gli elementi necessari alla ricostruzione del potere esercitato.
By Giovanni Del Pretaro
[1] Fabrizio D’Alessandri, Emanuele Scatola, Il silenzio inadempimento, profili sostanziali e processuali, Altalex Editore, 2016.
[2] In ordine all’iter formativo: Giovanni Virga, La partecipazione al procedimento amministrativo, Giuffrè, 1998 il quale scrive: quando la legge venne pubblicata nella Gazzetta Ufficiale molti, ormai, avevano perso le speranze che essa potesse vedere la luce, dato che i vari progetti, o disegni di legge, in materia, che si erano susseguiti nel corso delle varie legislature, non erano stati mai approvati prima dell’anticipata fine di queste ultime; uno dei primi commenti alla predetta: Italo Franco, Il nuovo procedimento amministrativo, Editrice Pragma, 1993; per un approfondimento: Filippo Patroni Griffi, Valori e principi tra procedimento amministrativo e responsabilizzazione dei poteri pubblici, giustamm.it, n.2/2011;
[3] Gabriele Carlotti, La partecipazione procedimentale: Feliciano Benvenuti e la riforma della legge n. 241 del 190, Relazione tenuta al Convegno del 23 Aprile 2008, organizzato dal Consiglio di Stato, in memoria di Feliciano Benvenuti, giustizia-amministrativa.it.
[4] Gabriele Carlotti, op. cit; si veda anche: Renato Rolli, Brevi riflessioni sulla riforma della legge n. 241 del 1990, giustamm.it, n. 2 – 2004.
[5] Feliciano Benvenuti, Il nuovo cittadino: tra libertà garantita e libertà attiva, Marsilio, 1994; Nino Longobardi, Poteri regolatori giusto procedimento e legittimazione democratica, Amministrazione in Cammino – Rivista elettronica di diritto pubblico, di diritto dell’economia e di scienza dell’amministrazione -; si veda anche: Sabino Cassese, La partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche, Riv. trim. dir. pubblico, 1/2007.
[6] Sul concetto di libertà attiva: Feliciano Benvenuti, op. cit; cfr anche Nino Longobardi, op. cit.
[7] Sulla democrazia tanto è stato scritto; si veda, da ultimo: Gherardo Colombo, Democrazia, Bollati Boringhieri, 2018; Sabino Cassese, La democrazia e i suoi limiti, Mondadori, 2018; dello stesso Autore: La svolta. Dialoghi sulla politica che cambia, Il Mulino, 2019.
[8] Feliciano Benvenuti, op. cit; Nino Longobardi, op. cit
[9] Sul rapporto stato – individuo e sul concetto di liberalismo: Liberalismo, F.A. von Hayek, Rubbettino, 2012; per un approfondimento in ordine ad elementi di continuità tra Stato liberale-Stato fascista-Stato democratico: Sabino Cassese, Lo Stato fascista, Il Mulino, 2016; cfr anche: Juan J. Linz, Sistemi totalitari e regimi autoritari, Rubbettino, 2006.
[10] Circa gli interessi coinvolti nel procedimento amministrativo: Roberto Proietti, La partecipazione al procedimento amministrativo, Giuffrè, 2005; in ordine all’aspetto temporale: Nicola W. M. Suck, L’art. 2 della legge 7 Agosto 1990, n. 241 ed il termine nel procedimento amministrativo, giustamm,it, n.0 – 1999;
[11] Margherita Interlandi, Il principio di separazione tra politica e amministrazione: una “storia difficile”, dirittifondamentali.it, F. 31 Marzo 2018 la quale evidenzia che il principio di buon andamento, attraverso la legislazione ordinaria, impone, non solo l’osservanza dei dettami legati al rispetto delle norme, ma anche di criteri fattuali legati al risultato dell’azione stessa; cfr anche Mario Nigro, Studi sulla funzione organizzatrice della pubblica amministrazione, Giuffrè, 1966; Gabriele Carlotti, op. cit.
[12] In ordine agli aspetti costituzionali: Giuseppe Colavitti, Il giusto procedimento come principio di rango costituzionale, rivistaaic.it, Gennaio 2005; Gabriele Carlotti, op. cit; Fabrizio D’Alessandri, Emanuele Scatola, op. cit.; Andrea Magliari, L’Unione europea: scritti recenti, Giornale di diritto amministrativo, n.1/2019; circa l’eccesso di burocrazia: Carlo Cottarelli, I sette peccati capitali dell’economia italiana, Feltrinelli, 2018.
[13] Fabrizio D’Alessandri, Emanuele Scatola, op. cit.
[14] Fabrizio D’Alessandri, Emanuele Scatola, op. cit.; si veda anche Franco Gaetano Scoca, Il silenzio della pubblica amministrazione, Giuffrè, 1971; Aldo Maria Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Jovene 1982; Roberto, Giovagnoli, I silenzi della pubblica amministrazione dopo la legge n. 80/2005; Giuffrè, 2005.
[15] Manuela Veronelli, Azione diretta e immediata avverso il silenzio della pubblica amministrazione, Giornale di diritto amministrativo, n. 1/2003; Gabriele Sabato, L’elemento soggettivo nel danno da ritardo, Giornale di diritto amministrativo, n. 6/2016;
[16] Costituisce ius receptum che il rito sul silenzio sia da escludere per la tutela di situazioni giuridiche soggettive aventi consistenza di diritto soggettivo: Fabrizio D’Alessandri, Emanuele Scatola, op. cit.; in giurisprudenza, da ultimo: T.A.R. Lazio, Sez. III, 19 Aprile 2019 n. 5146.
[17] Renato Alessi, Principi di diritto amministrativo, Giuffrè, 1978: opera distinzione tra atto tacito, caso è rappresentato dal silenzio, ed atto implicito, quale manifestazione di volontà amministrativa espressa in modo indiretto; Massimo Tucci, L’atto amministrativo implicito. Profili dottrinali e giurisprudenziali, Giuffrè, 1990; dello stesso Autore: Note in tema di atto implicito alla luce della L. n. 241/190 in materia di procedimento amministrativo, Foro amm. 1991; Ambrogio De Siano, Brevi considerazioni sull’atto amministrativo implicito, giustamm.it n.11/2015; Fabrizio D’Alessandri, Emanuele Scatola, op. cit.; Antonio Cordasco, Atto amministrativo implicito e compatibilità con la L.241/90. La peculiare figura dell’Authority, Gazzetta Amministrativa della Repubblica Italiana, n. 1/2013.
[18] Cass. Civ. Sez. Un. 16 Aprile 2007 n. 8951; Cass. Sez. Lav. 20735/2014.
[19] In tal senso anche Cass. Civ. Sez. Un. 13 Giugno 2006 n. 13659.
[20] Cass. Civ. Sez. Un. 8951/2007 cit.
[21] Cons. Stato, Sez. V, 24 Gennaio 2019 n. 589; Cons. Stato, Sez. V, 19 Febbraio 2018, n. 1034; Cons. Stato Sez. IV, 24 Aprile 2018, n. 2456; Cons. Stato, Sez. V, 31 Marzo 2017, n. 1499; Cons. Stato, Sez. VI, 27 Aprile 2015, n. 2112; Cons. Stato, Sez. VI, 5887/2014.