L’art. 7 della L. 24/17 opera distinzione tra responsabilità della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e quella del personale medico o paramedico, operante all’intero nella stessa; attrae nell’alveo della responsabilità contrattuale la struttura sanitaria, con conseguente applicazione delle norme di cui agli artt. 1218 e ss. c.c., mentre il personale risponde ex art. 2043 c.c., salvo che abbia agito in esecuzione di atto negoziale posto in essere con il paziente. Il quadro delineato determina ripercussioni, sotto il profilo processual-civilistico, circa la individuazione del giudice territorialmente competente a decidere in ordine all’azione a tutela dei diritti del paziente, specie in ipotesi di responsabilità concorrente. Al soggetto, che si sia rivolto ad una struttura sanitaria pubblica o convenzionata con il servizio sanitario nazionale, nel caso di fruizione di una prestazione sanitaria, in esenzione o anche previo pagamento del c.d. ticket, si attaglia certamente la qualifica di utente, equiparabile a quella di consumatore, di cui all’art. 3/a d.lgs 206/05; sarebbe, pertanto, consentito ritenere che, in ipotesi di pregiudizio subito, il danneggiato possa proporre la domanda giudiziaria dinanzi al foro della propria residenza, giusto il tenore dell’art. 33/2 lett. u del menzionato d.lgs 206/05 (Codice del Consumo), senza la necessaria osservanza dei criteri di cui agli artt. 18, 19, 20 c.p.c. Tuttavia, detta equiparazione non è sufficiente ai fini de quo; la Giurisprudenza (Cass. Civ. Sez. VI, 18536/16) ritiene che la disciplina di cui all’art. 33 d.lgs. 206/05, concernente il foro del luogo di residenza del consumatore, non possa trovare accoglimento nei rapporti tra pazienti e strutture sanitarie pubbliche o private operanti in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale e ciò sia perché, pur essendo l’organizzazione sanitaria imperniata sul principio di territorialità, l’assistito può rivolgersi a qualsiasi azienda sanitaria presente sul territorio nazionale, sicché se il rapporto si è svolto al di fuori del luogo di residenza del paziente, tale circostanza è frutto di una sua libera scelta, che fa venir meno la “ratio” dell’art. 33 cit., e sia in quanto la struttura sanitaria non opera per fini di profitto, e non può, quindi, essere qualificata come “imprenditore” o “professionista”. Lo scenario, tuttavia, muta nell’ipotesi di prestazione erogata da parte di una struttura sanitaria privata, non in regime di convenzione, ponendosi, quest’ultima, come ” professionista” e trovando, pertanto, applicazione l’ art. 33 cit. ( Cass. Civ. Sez. VI 22133/16 ). De iure condendo è auspicabile che possa giungersi a ritenere, in un’ottica protezionistica del paziente, quale soggetto debole, come del resto accade anche in altri settori, che il suo ingresso in una struttura sanitaria, a fine di ricovero ovvero di visita medica, integri, comunque, ex art. 1374 c.c., un atto contrattuale, ovvero una relazione fattuale equiparabile ad atto negoziale, con conseguente applicazione, per il tema in esame, della individuazione del foro competente in quello del c.d. consumatore.
By Giovanni Del Pretaro