Incandescente è il dibattito circa la decorrenza del termine prescrizionale, afferente la problematica in esame. La Giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. Sez. III, n. 10814/11) ritiene che, qualora intervenga un atto legislativo di adempimento parziale della direttiva, sotto il profilo oggettivo, verso tutti i soggetti da essa contemplati, dall’entrata in vigore di detto atto, inizia il decorso della prescrizione decennale dell’azione di risarcimento danni di tali soggetti per la parte di direttiva non adempiuta; nel caso, invece, in cui intervenga, un atto legislativo di adempimento della direttiva che sia parziale sotto il profilo soggettivo, nel senso che, o provveda solo per il futuro, o provveda riguardo a determinate categorie di soggetti, fra quelle cui la direttiva era applicabile, accomunate esclusivamente dal mero dato temporale della verificazione delle situazioni di fatto, giustificative dell’acquisto del diritto o dei diritti per il caso che la direttiva fosse stata attuata tempestivamente, il corso della prescrizione per i soggetti esclusi non inizia, perché la residua condotta di inadempimento sul piano soggettivo continua a cagionare in modo permanente il danno e, quindi, a giustificare l’obbligo risarcitorio. Nella diversa ipotesi in cui l’atto di adempimento parziale, sul piano soggettivo, concerna alcuni dei soggetti riguardo ai quali si erano verificate situazioni di fatto, giustificative dell’acquisto del diritto o dei diritti per il caso che la direttiva fosse stata attuata tempestivamente, scelti, però, sulla base di circostanze fattuali diverse dal mero dato temporale che li accomuna, la condotta di inadempimento per i soggetti esclusi non può più dirsi cagionare in modo permanente la situazione dannosa nei loro confronti, con la conseguenza che riguardo ad essi inizia il corso della prescrizione decennale del diritto al risarcimento.

Sul solco dianzi tracciato si colloca la Giurisprudenza di merito che, sia pure con diverse sfaccettature, è dell’avviso che ( Tribunale Salerno, Sez. I, n. 5006/17 ) in tema di corsi di specializzazione universitari seguiti dai medici, a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici  ammessi  ai corsi  di  specializzazione  universitari  –  realizzata  solo con il  d.lgs.  8 agosto  1991,  n.  257  –  è  rimasta  inalterata  la  situazione  di inadempienza  dello Stato  Italiano  in  riferimento  ai  soggetti  che avevano  maturato  i  necessari  requisiti  nel   periodo che va dal 1 gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990-1991; la lacuna è stata parzialmente colmata con la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art  11  che  ha  riconosciuto  il  diritto  ad  una  borsa  di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo. Quanto appena esposto implica che tutti gli aventi diritto ad analoga  prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa europea:  nei  confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11.

Altro indirizzo (Tribunale Roma 6157/17) ritiene che la direttiva n. 2005/ 36/CEE, oltre a dettare, negli artt. 25, 26, una nuova disciplina dei medici specializzati, nell’ art. 62 ha previsto l’abrogazione, a partire dal 20 Ottobre 2007 (data della sua entrata in vigore) della direttiva 93/16/CEE; ciò implica che, per effetto dell’abrogazione anche dell’art. 44, a quella data è cessato l’obbligo dello Stato Italiano di adempiere, sia pure tardivamente, a quanto previsto nelle direttive 75/362/CEE, 75/363/CEE, 82/76/CEE. Il diritto al risarcimento, quindi, decorre a far data dal 20 ottobre 2007.

Lo scenario muta radicalmente con l’emanazione, in sede interpretativa, a seguito di rimessione da parte della Suprema Corte con ordinanze del 5 Luglio 16, della Sentenza n. 616 del 24 gennaio 18, resa dalla Corte di Giustizia UE, Sez. VIII, che ha ritenuto: 1) l’art. 2, paragrafo 1, lettera c), l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l’allegato della direttiva 75/363/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di medico, come modificata dalla direttiva 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982, devono essere interpretati nel senso che qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere oggetto di una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, a condizione che tale formazione riguardi una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri ovvero a due o più di essi e menzionata negli articoli 5 o 7 della direttiva 75/362/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi; 2) l’art. 2, paragrafo 1, lettera c), l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l’allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, devono essere interpretati nel senso che l’esistenza dell’obbligo, per uno Stato membro, di prevedere una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 non dipende dall’adozione, da parte di tale Stato, di misure di trasposizione della direttiva 82/76. Il giudice nazionale è tenuto, quando applica disposizioni di diritto nazionale, precedenti o successive ad una direttiva, ad interpretarle, quanto più possibile, alla luce del tenore letterale e della finalità di queste direttive. Nel caso in cui, a motivo dell’assenza di misure nazionali di trasposizione della direttiva 82/76, il risultato prescritto da quest’ultima non possa essere raggiunto per via interpretativa prendendo in considerazione il diritto interno nella sua globalità e applicando i metodi di interpretazione da questo riconosciuti, il diritto dell’Unione impone allo Stato membro in questione di risarcire i danni che esso abbia causato ai singoli in ragione della mancata trasposizione della direttiva sopra citata. Spetta al giudice del rinvio verificare se l’insieme delle condizioni enunciate in proposito dalla giurisprudenza della Corte sia soddisfatto affinché, in forza del diritto dell’Unione, sorga la responsabilità di tale Stato membro; 3) l’art. 2, paragrafo 1, lettera c), l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l’allegato della direttiva 75/363, come modificata dalla direttiva 82/76, devono essere interpretati nel senso che una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per la formazione a tempo pieno e a tempo ridotto dei medici specialisti iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 1º gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa.

Il Giudice Italiano, quindi, stante la efficacia vincolante delle pronunce rese della Corte di Giustizia UE, circa la interpretazione delle norme comunitarie, dovrà necessariamente adeguarsi (Cass. Civ. Sez. VI 2468/16: la Corte di Giustizia della UE è l’unica autorità giudiziaria deputata all’interpretazione delle norme comunitarie, la quale ha carattere vincolante per il giudice nazionale, che può e deve applicarla anche ai rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa; ne consegue che a tali sentenze, sia pregiudiziali e sia emesse in sede di verifica della validità di una disposizione, deve essere attribuito effetto retroattivo, salvo il limite dei rapporti ormai esauriti, e “ultra partes”, di ulteriore fonte del diritto della UE, non nel senso che esse creino “ex novo” norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia “erga omnes” nell’ambito dell’Unione).

E’ consentito, pertanto, ritenere, circa il tema affrontato, che L. 370/99 non può essere considerata “ norma  nazionale di trasposizione”, con l’implicazione che, per il personale medico iscritto ai corsi di specializzazione ante 91, il relativo termine di prescrizione non è incominciato a decorrere, per omessa attuazione, da parte dello Stato Italiano, della citata normativa comunitaria.

By Giovanni Del Pretaro

 

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